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Turchia, ricordando Pippa Bacca. Intervista a Bingöl Elmas

 

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di Luna De Bartolo

 

ISTAMBUL - Il 31 marzo 2008 la performer italiana Pippa Bacca, nipote di Pietro Manzoni, fu stuprata ed assassinata a Gebze, in Turchia, da un uomo che le aveva dato un passaggio. L’artista milanese stava compiendo una performance itinerante, “Spose in viaggio”, che si proponeva di attraversare 11 paesi vittime di conflitti armati e che, partendo da Milano, avrebbe dovuto portarla sino a Gerusalemme.

 

Insieme ad un’altra artista, Silvia Moro, vestite da sposa - abito dall’alto valore simbolico - volevano promuovere la pace e la fiducia nell’altro. Le due donne si separarono ad Istanbul con l’obiettivo di rincontrarsi in Libano, a Beirut. Ma Pippa Bacca non arriverà mai nella terra dei cedri.
Abbiamo incontrato Bingöl Elmas, giovane documentarista turca con numerosi premi alle spalle che, vestita a lutto in chiaro contrasto con l’abito candido dell’artista italiana, ha ripreso quel viaggio proprio dove era stato tragicamente interrotto.

Perché era importante continuare il viaggio di Pippa Bacca?
Ho trovato molto significativo ciò che Pippa aveva intrapreso ed ho pensato che avrebbe dovuto essere portato a termine, anche se in modo diverso e in un differente contesto. Essendo originaria di un paese che si trova circondato da numerosi conflitti, con persone che ci muoiono attorno continuamente, ho a cuore e reputo fondamentali tutte le iniziative che hanno a che fare con la pace.
Come donna, avevo bisogno di comunicare con gli sconosciuti senza alcuna precauzione di sicurezza, lavorare con loro accordandogli fiducia. Volevo appropriarmi di quegli spazi che si considerano appartenenti agli uomini, come le autostrade, volevo registrare e diffondere tutte le conversazioni avute con le persone che ho incontrato sulla mia strada. Conversazioni incentrate sullo stupro, sul linguaggio degli uomini, sulla vicenda di Pippa Bacca; volevo osservare lo sguardo del mio popolo di fronte alla questione delle donne.

Cosa hai visto nel tuo viaggio? Potresti anticiparci qualcosa?

Abbiamo osservato approcci molto differenti. Le persone che conoscevano attraverso i giornali la vicenda di Pippa Bacca si sono congratulate con me. Alcuni automobilisti non comprendevano cosa il mio vestito e le mie parole significassero. Altri mi dicevano: “Io non ti farei mai del male, ma non dare confidenza a chiunque”; ed altri ancora: “Cosa fai sola in strada? Non ci si può fidare di nessuno di questi tempi. Dovresti interrompere il viaggio”. La raccomandazione che mi è stata fatta più volte è stata: “Fai attenzione ai camionisti”. E proprio i camionisti mi scambiavano spesso per una prostituta, ma quando spiegavo loro il mio progetto e cominciavamo ad avere una conversazione, cambiavano subito la loro attitudine. Dicevano di sapere che la loro reputazione è pessima, ma nessuno di loro violenta le donne. Altri conducenti non facevano la benché minima attenzione al mio vestito, alla telecamera, e mi hanno raccontato le loro storie. Nei piccoli villaggi ho incontrato persone che mi invitavano nelle loro case per una tazza di caffè ed avere modo di parlare con più tranquillità.  Ad esempio, ho passato ore con una contadina di 92 anni parlando del suo matrimonio, della sua vita; sono andata anche nella casa di un camionista, la cui moglie era molto arrabbiata con lui: abbiamo parlato insieme ed alla fine si sono riconciliati. Tutti questi incontri erano mossi semplicemente dalla voglia di conoscenza, non per giudicare o classificare le persone. Pensiamo che interpretare i comportamenti degli individui senza considerare il contesto e le condizioni sociali nelle quali essi vivono, può portare unicamente a cliché.

La morte di Pippa Bacca ha avuto una fortissima eco nel vostro paese: questo tragico evento  ha generato un’onda di collera ed indignazione, che ha avuto come risultato un fecondo dibattito in seno alla società turca sulla violenza contro le donne, troppo spesso dimenticata. Potresti parlarcene?
Quando abbiamo saputo della sua scomparsa, nonostante non volessimo crederci, dentro di noi sapevamo che era accaduto qualcosa di terribile. Noi, le donne, conoscevamo già l’atroce verità. Ma la parte peggiore è sapere che questo genere di cose non sorprende le persone. Semplicemente, ci siamo abituati. Ci sono state diverse reazioni, ma il punto comune è che tutti ne sono stati colpiti. Alcuni si vergognavano della situazione perché pensavano che questo genere di cose contribuisce a creare una una pessima immagine della Turchia all’estero. Come i nostri politici, che avevano paura uscisse fuori un’immagine come quella che Oliver Stone ha mostrato nel suo film, “Midnight Express”, e che fu un vero incubo per il popolo turco. Altri ancora non erano affatto sorpresi: ad una donna sola per strada non poteva che succederle quello che è accaduto. Ma tutte queste persone dimenticavano la cosa più importante: questo è il risultato della violenza contro le donne in tutto il mondo e quello che importa non è l’immagine del paese o chissà cos’altro, è il fatto. Una donna, una persona innocente è morta mentre si adoperava per la pace. La morte di Pippa Bacca è stata per me una rottura di fronte alla dimensione della violenza contro le donne che so, purtroppo, essere la stessa in ogni parte del mondo. Mi ha fatto pensare seriamente al grande lavoro che abbiamo da fare per creare consapevolezza sulle discriminazioni di genere
Ci sono state numerosissime manifestazioni ed iniziative che avevano come scopo il far sì che la gente non dimenticasse cosa è successo a Pippa Bacca. Organizzazioni femminili lavorano per la continuazione del suo messaggio. Tantissime donne hanno cercato in tutti i modi di partecipare al processo, nonostante non siano state ammesse.

«Se una società non marcia verso il proprio obiettivo con tutte le donne e tutti gli uomini che la compono, essa non si muoverà affatto». Queste parole sono state pronunciate nei primi del ‘900 dal padre della moderna Turchia, Mustafa Kemal. Lo stato turco ha accordato il diritto di voto alle donne nel 1930 e, nel 1934 ha concesso loro la facoltà di essere elette. Dieci anni prima della Francia. La modifica del codice penale, nel 2005, ha riformato più di 31 articoli sulla discriminazione sessuale. Esiste ora una parità giuridica tra donna e uomo? Ed a livello sociale? Quali sono gli ostacoli che si antepongono alla reale emancipazione femminile?

Non sono un’esperta, ma posso dare il mio parere. Sì, il diritto di voto è stato concesso prima di molti paesi occidentali, ma non va affatto bene nella vita reale. Innanzitutto perché dovrebbero cambiare la mentalità ed i modelli di vita. Sicuramente la legislazione è importante, ma non ha trovato ad attenderla una piattaforma sociale adatta. Nel nostro Parlamento la componente femminile è irrisoria. Ci sono imponenti riflessi del patriarcato che impera in tutto il mondo.
La modifica del codice penale del 2005 è il risultato delle battaglie delle donne che andavano avanti da molto tempo. Ma non è abbastanza: nel corso degli anni, il nostro Codice è stato colmato da disciminazioni giuridiche contro le donne; non è semplice cancellarne tutte le tracce.
D’altra parte, sappiamo bene che le condizioni di vita delle donne non sono un appannaggio specificamente turco. In tutto il mondo, mentre Pippa veniva stuprata ed uccisa, tantissime donne erano, sono esposte a diversi tipi di violenza. Stupri, molestie, disciminazioni nelle strade, durante il lavoro nei campi, nelle case, negli uffici etc. Bambine vengono vendute per la loro verginità, donne diventano oggetto di piacere nelle televisioni, nelle pubblicità. So bene che questo tipo di attacchi non esiste solo in Turchia: la situazione, per le donne, è la stessa anche nel cosiddetto mondo sviluppato, che crede la sua civiltà superiore a quella degli altri paesi. È il contesto a cambiare. Quello che vorrei è mettere il mio paese di fronte alla realtà, aprire lo scrigno del nostro lato oscuro.

Quali sarebbero, secondo te, le misure che bisognerebbe prendere per migliorare progressivamente la vita dellle donne nel contesto del tuo paese?


Innanzitutto, le donne dovrebbero essere consapevoli, imparare a riconoscere i vari tipi di discriminazione esistenti in questo mondo di stampo patriarcale. E dovrebbero espandere questa consapevolezza, come un potere, in ogni luogo. Devono proteggere sé stesse dalle discriminazioni che montano in ogni momento della vita. Il “sistema” produce la sua informazione e la propone in forme diverse. Gli stereotipi circa le donne sono ovunque, anche nelle vostre case, nelle vostre strade.

In Italia, riforme fondamentali per l’emancipazione femminile – penso, ad esempio, alla legge sull’aborto ed a quella sul divorzio – sono state fortemente ostacolate dal Vaticano e dai partiti politici d’orientamento cattolico. Come s’iscrive l’Islam, in qualità di religione più praticata in Turchia, stato tendenzialmente laico, in questo contesto?

Non sono molto preparata su questo argomento, ma posso dire che l’aborto in Turchia non è così sotto pressione da parte della religione come in Italia [nella dottrina islamica classica l’interruzione di gravidanza è lecita e può avvenire entro determinati limiti temporali dal concepimento, che cambiano a seconda delle correnti religiose n.d.r.]. D’altra parte le donne sono dominate ovunque e ad ogni età attraverso la mediazione delle ideologie religiose. La religione insegna agli uomini ad avere ogni tipo di diritto sulle donne. O loro sono convinti che sia così. Secondo le loro dottrine, le donne sono state create per servire gli uomini. Il governo turco, per molto tempo, ha avuto un approccio conservativo. Le situazioni create dalla disciminazione sessuale diventano sempre più chiare ed evidenti nella vita sociale. Ad esempio, il nostro primo ministro si permette di dire che ogni famiglia dovrebbe avere almeno quattro bambini, o penso alla mentalità che riduce le donne ad uscire coperte da un fazzoletto in testa, la quale trova un posto fertile dove crescere .

Come immagina il suo paese di qui a dieci anni?


Abbiamo tantissimo lavoro da compiere in Turchia. La struttura patriarcale della famiglia, della religione, delle tradizioni e del governo deve essere ridotta. Sicuramente le riforme politiche aiutano, in questo senso, ma c’è ancora tanto da fare. Tutte le donne devono attivarsi e mobilitarsi. Tutto questo le riguarda in prima persona, pesa sulle loro vite.

Prima di salutarti, quando potremo vedere il tuo lavoro, “Ma lettre à Pippa”?

Questo documentario è parte di un progetto comune del produttore francese Patrice Barrat e del canale culturale francese ARTE chiamato “L’altra Turchia” ed andrà in onda a settembre.

                                                                                                                                                 

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